Ecatombe di artigiani nel centro storico. Negli ultimi 10 anni hanno abbassato le saracinesche per sempre centinaia di botteghe.

E man mano che falegnami, ceramisti, sarti e orafi deponevano le loro “armi” di lavoro – per affitti troppo alti e una crisi divenuta insostenibile – al loro posto, di riflesso, paninoteche, pizzerie, friggitorie, gelaterie e grandi catene del “food&beverage” hanno conquistato il centro di Roma, colonizzando di fatto gli angoli più preziosi della città.

La fotografia di quello che è avvenuto nel municipio I è contenuta nei dati dell’associazione Botteghe storiche della Cna. Dal 2003 al 2012 le attività di ristorazione sono cresciute del 219%: c’è stato un vero e proprio boom di pizzerie al taglio, paninoteche, kebabbari, gelaterie e ogni forma di ristorazione veloce ed economica. E mentre la cultura del mordi e fuggi dilaga, i servizi scompaiono dal cuore di Roma. O, meglio, spariscono i negozi di confezioni di pelli come i calzolai diminuiti del 56% nell’arco di dieci anni, in estinzione i falegnami e i restauratori ( – 52%), i ceramisti ( – 50%), i vetrai e i corniciai ( – 43%) Sono rimaste ormai poche anche le sartorie diminuite del 30%, così come i laboratori orafi passati da 202 a 154, insomma un meno 24%. Difficile trovare nella City un negozio di installazione e manutenzione di impianti come gli idraulici, elettricisti, ascensoristi ( – 28%), anche questa categoria ha preferito migrare altrove, lontano dal municipio I.

 “Sta diventando un luogo asettico – spiega Giulio Anticoli, presidente dell’associazione Botteghe storiche – e non credo che alla lunga questa globalizzazione, che sta cancellando le caratteristiche tipiche dei centri storici, attirerà ancora i visitatori. Insomma ora ha chiuso anche la libreria Herder in piazza Montecitorio e al suo posto ha aperto un negozio che vende abbigliamento di scarsa qualità a prezzi stracciati”.

I dati dimostrano proprio questa trasformazione. “C’è una grande sofferenza da parte dell’artigianato, molto spesso le problematiche sono legate agli affitti perché le botteghe non ce la fanno a sostenerli – continua Anticoli – In più nell’arco di un anno le attività si sono viste raddoppiare l’Imu: in via dell’Orso ora si pagano 12mila euro rispetto ai 6 di un anno fa. Bisogna accelerare per tutelare dei negozi che presto saranno completamente scomparsi”.

(Repubblica.it)