Una ‘fotografia’ del cervello affetto da emicrania, che spiega molti segreti del comunissimo e fastidioso disturbo. Un’immagine che ha conquistato la copertina di febbraio della più importante rivista scientifica internazionale del settore, ‘Cephalalgia‘. E’ lo studio di un gruppo di ricerca napoletano l’origine di questi fotogrammi ottenuti con la risonanza magnetica funzionale.
“Esistono emicranie con e senza aura – spiega all’Adnkronos Salute Antonio Russo, coordinatore del Centro Cefalee della I Clinica Neurologica dell’Azienda Ospedaliera della Seconda Università di Napoli (Aou-Sun), cui afferiscono ogni anno oltre 1.200 pazienti – l’aura è in pratica il disturbo visivo che si avverte quando si ha mal di testa. Essa non nasce dagli occhi, ma delle zone del cervello deputate alla vista. Da precedenti studi sapevamo che durante l’attacco di emicrania con aura vi è un’attivazione di queste aree visive, che è come se si ‘incendiassero’. Ed è per questo che danno i sintomi visivi”.
“Quello che abbiamo fatto nel nuovo lavoro – prosegue l’esperto – è studiare pazienti con risonanza magnetica funzionale, analizzando il loro cervello a riposo, senza attacchi, chiedendo al paziente di stare tranquillo. E quello che abbiamo visto è che nei pazienti che soffrono di emicrania con aura quelle aree visive sono comunque attivate, anche a riposo e lontano dagli attacchi di mal di testa. Come se soffrire di emicrania con aura imprimesse una ‘orma digitale’ al cervello del paziente, rendendolo riconoscibile rispetto a pazienti con emicrania senza aura. Questo ci permette di dire che queste due forme non sono aspetti diversi della stessa malattia, ma malattie diverse, con ripercussioni sulla diagnosi e sulla terapia”.
Quella che i ricercatori chiamano ‘aura visiva‘, può presentarsi come uno scintillio luminoso o al contrario come una macchia cieca nell’ambito del campo visivo e accompagna, più frequentemente precede, un attacco emicranico.
I risultati di questo studio permettono di osservare più profondamente questo diffusissimo mal di testa, e quindi può consentirci – conclude Russo – di gettare le basi per una più completa caratterizzazione dei pazienti emicranici non solo dal punto di vista della ricerca scientifica, ma anche della gestione clinica e terapeutica”.