L’interrogazione a sorpresa? «Te pia a male».

Le scarpe alla moda «so’ ciotte» e se buchi con lo scooter «è amara».

Parole incomprensibili? Forse. Ma non a tutti. Come del resto accade per ogni slang che si rispetti. E quello masticato dagli adolescenti romani detta le regole, linguistiche ovviamente.

E allora ecco un pratico glossario: ridere a crepapelle diventa «lollare» e il verbo ha un’etimologia che val la pena di approfondire.

Deriva da lol, utilizzato inizialmente sui social network come acronimo internazionale di laugh out loud: «ridere ad alta voce».

Basta poco e il termine viene prima importato nella Capitale e poi giustamente riadattato: a romanizzarlo ci vuole un attimo ed ecco che nasce il più romanesco «fammè lollà».

Se invece non c’è niente da ridere e ci si ritrova davanti a qualcosa di brutto, è opportuno esprimersi con un che sbratto.

Restare delusi, perdere l’interesse verso qualcosa o veder scemare l’euforia di una volta si esprime con il triste, m’è scesa.

Mezzo che nazzica: in questo caso vuol dire che l’interlocutore sta proponendo di imbucarsi ad una festa, di presentarsi quindi senza invito assicurando di non creare problemi a nessuno.

Esiste poi tutta la terminologia politica con cui gli adolescenti inquadrano i diversi schieramenti: ai vecchi e resistenti fascio, camerata, pariolino da un lato e zecca e compagno dall’altro, si aggiunge ora lo schieratello. Termine più che altro dispregiativo, a presa in giro, del quindicenne che, senza conoscerne veramente i contenuti, sposa l’ideologia fascista atteggiandosi come un truzzo.