Dire anfiteatro a Roma significa Colosseo. Invece non è solo così. A ridosso delle Mura Aureliane, sulla destra della basilica di Santa Croce in Gerusalemme, c’è un altro anfiteatro, sempre trascurato (anche perché ridotto a tre quarti della sua originaria struttura) ed appena visibile dalla piazza. Si tratta dell’anfiteatro Castrense, fatto costruire dall’imperatore Eliogabalo, che regnò dal 218 al 222, come diramazione dell’imperiale palazzo Sessorio (i cui resti si trovano sotto la basilica).
L’anfiteatro fu utilizzato sin dall’inizio, oltre che per gli spettacoli, soprattutto venationes (cioè cacce contro animali o lotte tra animali) e giochi gladiatori, di cui Eliogabalo era appassionato, anche per le esercitazioni militari del corpo pretoriano.
L’anfiteatro ebbe però vita breve e la sua utilizzazione finì già nel 285, quando l’imperatore Aureliano fece includere il perimetro della costruzione nel percorso delle fortificazioni addossate alle mura che fece costruire.
Quanto alle dimensioni, la pianta si sviluppava su due assi di 88 e 76 metri; la cavea era a un solo ordine di gradinate (fatto che rivela il carattere “privato” dell’anfiteatro, cioè riservato solo all’imperatore, ai membri della corte, alle famiglie dei senatori e dei magistrati che venivano invitati). Sotto il piano dell’arena si trovavano ambienti destinati ai servizi e all’allestimento degli spettacoli, con una serie di gallerie confluenti su un ampio corridoio che attraversa da un’estremità all’altra tutto il complesso).
[fonte: Claudio Rendina. Alla scoperta di Roma]